Acromegalia

L’acromegalia è una sindrome cronica rara (60 casi/milione di persone) e invalidante, dovuta a un tumore benigno che colpisce l’ipofisi: a causa di questo tumore, l’ipofisi aumenta in modo incontrollato la secrezione dell’ormone della crescita (GH), che a sua volta determina l’incremento dell’IGF-1, il fattore di crescita insulino-simile-1 attraverso cui il GH agisce su organi e tessuti.
Nell’età dello sviluppo, grazie all’attività di IGF-1, il GH stimola la crescita e un armonico sviluppo corporeo, mentre nelle persone adulte questo ormone influenza positivamente la forza muscolare, la salute dell’osso e il senso di benessere.
Un’eccessiva produzione di GH nel bambino determina un aumento abnorme della statura, noto come gigantismo; nell’adulto, invece si instaura una condizione chiamata acromegalia, caratterizzata da ingrossamento, in lunghezza e in larghezza, delle ossa delle mani e dei piedi, e di quelle del volto, a cui si associano aumento di volume di alcuni organi e importanti complicanze.
L’acromegalia evolve molto lentamente e in maniera progressiva, al punto che spesso né il paziente né le persone che vivono insieme a lui percepiscono i cambiamenti in corso.

Sintomi

I principali sintomi che accompagnano l’ingrossamento osseo di mani, piedi, volto e quello degli organi interni (fegato, tiroide, paratiroidi, cuore, pancreas, milza e reni) sono:

  • cefalea
  • sindrome del tunnel carpale
  • dolori articolari
  • alterazioni del ciclo mestruale
  • disfunzione erettile fino all’impotenza
  • cute ispessita e oleosa
  • ipertricosi e sudorazioni abbondanti.

Le complicanze

Le complicanze dell’acromegalia sono legate agli effetti dell’ipersecrezione di GH e IGF-1. Tra le più frequenti:

  • reumatologiche, artrosi e artriti con sintomatologia dolorosa dovute all’alterazione dei tessuti ossei e cartilaginei
  • cardiovascolari, aumento del volume cardiaco, ipertensione e nel tempo  insufficienza cardiaca
  • metaboliche, iperglicemia o franco diabete
  • neuropatie periferiche, sindrome del tunnel carpale e spesso cefalea
  • espiratorie, sindrome delle apnee notturne, sonnolenza e addormentamento diurno

Chirurgia: è la procedura di prima scelta per molti pazienti ed ha l’obiettivo di asportare l’adenoma ipofisario. L’intervento si effettua per via “trans-sfenoidale”: il neurochirurgo opera in microscopia o in endoscopia, raggiungendo l’adenoma attraverso il naso e il seno sfenoidale, una cavità situata sotto l’ipofisi.

Terapia farmacologica
La terapia farmacologica si avvale di numerosi farmaci utilizzati per tenere sotto controllo l’ipersecrezione di GH o per contrastare gli effetti periferici del GH in eccesso. I farmaci esercitano un’azione diretta sull’adenoma, oppure agiscono come antagonisti dell’ormone a livello dei tessuti periferici.

  • Analoghi della somatostatina (octreotide, laureotide e con somministrazione intramuscolare mensile il più recente pasireotide, somministrato per via orale). La somatostatina si lega a specifici recettori presenti sull’ipofisi e inibisce la produzione di GH e altri ormoni. Gli analoghi della somatostatina sono farmaci agonisti che mimano l’azione della somatostatina, legandosi a recettori specifici di questa e in questo modo sopprimono o riducono i livelli di GH e di IGF-1.
  • Agonisti della dopamina, o dopaminergici, riducono la secrezione di GH. Si assumono per via orale, questi farmaci sono oggi raramente usati per la cura della acromegalia poiché meno efficienti rispetto agli analoghi della somatostatina.
  • Antagonisti del recettore della crescita (pegvisomant, somministrato sottocute una volta al giorno) si legano specificamente al recettore periferico del GH e ne bloccano l’attività, impedendo la produzione e la liberazione dell’IGF-1.

Radioterapia: si utilizza quando la chirurgia non può essere attuata o in caso di insuccesso

Radiochirurgia: questa procedura viene utilizzata per distruggere le cellule maligne che iper-secernono GH o per ridurre la crescita del tumore attraverso la somministrazione, in un’unica seduta, di dosi di radiazioni più elevate rispetto alla radioterapia convenzionale ma indirizzate verso un bersaglio (il tessuto tumorale) più ristretto.

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